Concorso internazionale per il Museo delle Antichità sottomarine al Pireo, 2012

Pireo

con Dino Mongelli e Carlo Alberto Zaccaria

Nella decisione di trasformare il Magazzino dei cereali del porto del Pireo in Museo delle Antichità sottomarine è implicita, oltre alla valutazione positiva sulla sua architettura, anche la possibilità della trasformazione. Il silo, tra il piano del basamento e l'attico, è strutturato uniformemente dalla maglia dei condotti verticali, questa può trasformarsi facilmente nel blocco espositivo se solo se ne accetta l'organizzazione che impone: una maglia di celle, ottenuta dalla divisione orizzontale dei condotti, al primo impatto certamente claustrofobica, ma che opportunamente corretta può rivelarsi il carattere originale di un museo che dovrebbe continuamente rimandare all'esperienza della scoperta sott'acqua. Divisa l'altezza in sei piani (dunque corrispondente ai sei assi tematici in cui l'esposizione dovrà essere organizzata), la maglia, chiusa e separata dall'esterno, viene attraversata da otto pozzi, opportunamente distribuiti in modo da costituire l'affaccio interno delle celle, che risalgono fino alla superficie libera: ai piedi del pozzo la luce, che risale fioca verso l'alto, restituisce in modo palpabile quella percezione.

Il Museo
Il perno organizzativo e architettonico del Museo è la scala elicoidale inserita nella torre (trasformazione che esalta il carattere dell’elemento, adesso avvilito dalle esigenze d’uso), dove il percorso a ogni piano riparte e si conclude. Ma il rapporto creativo tra il visitatore e l’esposizione è assicurato dalla flessibilità dei percorsi – alternativa e combinazioni –, moltiplicati dalle scale che attraversano nelle due direzioni il corpo delle celle – e fisicamente attraversano i setti di cemento, misura e ritmo della struttura industriale; dove smonta la rampa e parte la successiva si inserisce l’unica eccezione: una cella – open room -, è aperta da un largo oblò, affaccio sul porto e sul mare che restituisce al visitatore il senso del luogo e dell’orientamento, ma anche la stanza di riposo e di sosta dove è descritto il proseguimento del percorso espositivo.
Le celle sono divise tra due tipologie, simplex e duplex, le prime affiancate sulle maglie esterne – eccetto l’inserzione diagonale delle coppie di duplex sfalsate rispetto all’open room, in modo da creare una introspezione in diagonale sull’intera ala -, le seconde affacciate sui pozzi, a loro volta percepite dall’alto lungo i percorsi traversali di ogni piano. Rispetto alla densità del corpo centrale (sei piani, ventiquattro metri, superficie netta espositiva mq 6.981) diventa fondamentale la funzione del piano attico (completamente ristrutturato pur confermandone lo skyline), il piano dove affiorano gli otto pozzi e i cavedi che contengono le rampe. Un piano libero, arioso e trasparente, affacciato sui due terrazzi, ritmato dalle travi in ferro e dai pilastri perimetrali, dove i pozzi si prolungano oltre la copertura disegnando le torri del vento ,naturale completamento architettonico e funzionale dell’impianto, piano dove le attività libere del museo multimediale (superficie netta  mq 1.563) si inseriscono con naturalezza e semplicità.

Al basamento, infine, è destinata la rappresentazione, anche monumentale, che non può mancare in un museo archeologico, qualità ancora una volta dedotta dalla struttura dell’edificio. Eliminando il piano intermedio e accorpando il piano del portico attraverso due scale aperte, si ottiene uno straordinario spazio basilicale di novanta metri, alto circa tredici, ritmato dai grandi pilastri, chiuso dal soffitto plasticamente sagomato dalle bocche dei condotti – aperte per assicurare la ventilazione del blocco superiore -, spazio dove è possibile raccogliere i grandi eventi che il Museo dovrà  ospitare, oltre all’ingresso e all’uscita dei visitatori e alle funzioni annesse (superficie netta  mq 2.966).
Le funzioni accessorie sono raccolte nel corpo laterale affiancato alla torre, quattro piani, al di sopra del portico d’ingresso, che in successione ospitano i servizi igienici,la sala ristoro – affacciata sul grande spazio con una vetrata appena sagomata e collegata con una scala indipendente -, gli uffici, direzione, archivio e biblioteca, infine la sala conferenze e proiezioni – chiude il blocco il piano degli impianti. Il collegamento dei primi due livelli (servizi e sala ristoro) con il molo, l’altro straordinario tema di questo Museo che il progetto di riuso deve valorizzare, consente di integrare il molo, attraverso le rampe inserite all’estremità, come ingresso e uscita per le comitive, essenziale a regolare il flusso dei visitatori.
All’esterno la compattezza originaria dell’edificio industriale viene riscoperta e esaltata dalla parete continua in mattoni – una parete ventilata – a filo con la vetrata della grande sala, ma l’inserzione, al centro della lunga facciata, delle due scale di sicurezza serve a interrompere la prospettiva e restituisce la scansione temporale con cui l’edificio è stato costruito.

Area Pubblica
Innanzitutto per costruire la continuità tra il Museo e i due edifici adiacenti (in futuro,Thematic Park e Exhibition Centre) è necessario eliminare la strada che li divide e creare la piazza che denoterà l’insieme come unità urbanistica. La strada, a doppia corsia come l’esistente, è spostata parallelamente al fronte a mare e marca il confine del settore, si conclude nella rotonda e ordina la successione delle funzioni (parcheggio dei bus turistici, accesso al molo, raccordo di servizio al deposito del museo – nel disegno trova posto il lotto destinato all’impianto fotovoltaico). Dopo l’area dei parcheggi (oltre a quello previsto, un primo parcheggio è appoggiato al nuovo ingresso innestato sul fronte nord del Magazzino), al di là dell’anello stradale, eliminando via Kanari, si può unificare il Parco di Drapetsona con l’area archeologica e il settore dei servizi portuali destinato al Museo Archeologico, ottenendo un grande Parco Urbano che salda il molo rinnovato alla città.

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