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Il progetto ritorna sul problema sempre aperto della piazza della Reggia, per riproporre il completamento dell’esedra vanvitelliana e la riorganizzazione urbanistica del settore. Anche se del progetto urbanistico di Vanvitelli non è rimasto che il lungo viale di tre chilometri, reciso dai binari e spogliato dei platani, piazza Carlo III resta, nel suo degrado, il problema urbanistico architettonico più importante della città e dell’intera conurbazione casertana, obiettivo di impegnativi ma necessari interventi.
L’assetto della grande piazza ellittica fu contraddetto dall’attraversamento della strada per Capua (1812) e dalla costruzione della prima linea ferroviaria (1843-44), che, opponendo alla direttrice nord-sud dell’impianto vanvitelliano quella est-ovest, parallela alla Reggia, condizionarono lo sviluppo urbano. Dopo lo sciagurato taglio dell’asse nel punto d’arrivo, quando nel dopoguerra fu ricostruita la stazione e s’impose la necessità di incrementare il fascio di binari, anche la geometria della piazza risultò deformata a causa dello schiacciamento dell’ellisse. Stretta tra le case, che ne impediscono la correzione, la ferrovia provoca oggi i prevedibili problemi di traffico che hanno reso necessario un infelice viadotto e, recentemente, un sistema di sottopassi che dal vialone riemergono confusamente nella piazza.
Negli stessi anni in cui con tanta approssimazione si costruivano i sottopassi, nel 1984 una mostra e un convegno illustravano cinque progetti (pubblicati da Casabella) di Leon Krier, Richard Plunz, Franco Purini, Francesco Venezia, Alvaro Siza Vieira, che affrontavano e rilanciavano il problema - ma decisivo per l’ispirazione di questo progetto appare quello dell’architetto portoghese. Dopo la sua lettura (incontro e deviazioni dei sistemi: reticolo romano, progetto vanvitelliano, tracciato urbano, ferrovia, autostrada), infatti, la proposta per la sistemazione dell’esedra non può che ribadire il ruolo attivo che deve svolgervi la realtà dello sviluppo edilizio per come s’è andato consolidando, anche in contrasto con il progetto originario. Si intravede, allora, la possibilità di ricollocare la piazza come inserto eccezionale in una griglia di funzioni urbane o territoriali attuali e in una realtà architettonica che dalla sua diversità trae ragione e necessità.
Il completamento dell’esedra vanvitelliana è evidentemente la decisione più impegnativa di questo progetto, rischiosa ma inevitabile poiché la straordinaria dimensione della piazza non può essere stabilizzata da un debole profilo ma ha bisogno dello spessore di un vero corpo edilizio. Ricorretto l’invaso secondo la geometria originaria, il nuovo recinto è stato tuttavia inteso in maniera convenzionale, un “elemento neutro”, come nella tecnica del restauro, che si limita a ribadire il ritmo di quello esistente per ricomporre l’unità della figura architettonica. L’altra faccia della quinta muraria ha una forma che varia e si modifica, continuamente corretta dall’intersezione tra i fasci dei raggi proiettati dall’ellisse e il reticolo ortogonale prolungato dai bordi: proprio sul limite entrano quindi in collisione i due sistemi geometrici, immettendo quella tensione indispensabile alla complessità del progetto moderno. Il reticolo suddivide lo spessore del nastro sostituendosi alla scansione tracciata dai centri della piazza: in questo modo si ottiene l’inversione dei sistemi architettonici, da quello interno a quello esterno, rappresentato dall’edificio della stazione e dai nuovi blocchi edilizi. La stazione, intesa come base del sistema esterno, viene prolungata e raddoppiata sull’altro quadrante come Terminal delle linee urbane e regionali; anche della maglia edilizia viene previsto il completamento e il raddoppio in modo da dare forma a un insieme urbano che faccia risaltare al suo interno la piazza. Due gallerie superano l’interruzione imposta dal fascio di binari; dal viale dei platani (ripristinato) e prima di discendere in galleria, come in un perfetto trompe-l’oeil, è conservata la continuità prospettica fino alla Reggia. Dalla Rotonda è possibile perfezionare un braccio di collegamento diretto fino all’Autostrada, in modo da concludere e fissare l’intervallo esatto in cui ha ancora efficacia il sistema architettonico vanvitelliano (1)
1.Salvatore Polito, La piazza della Reggia di Caserta, in “Oltre la capitale mancata”, Quaderni della Facoltà di Architettura, ed. Graffiti, Napoli 1997. Il progetto è stato tema della tesi di laurea di Massimiliano Abbate, Angelo Iadicicco, Luca V. Rossi, Facoltà di Architettura di Aversa, 1998.
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