Saltando l’annosa querelle sul “rudere” – vivo o morto ? - e la sua utilizzazione, il progetto si confronta con un rilievo (conservato nell’archivio del Comune) del 1923, quando si prevedeva l’utilizzazione del Castello a ricovero “per malattie infettive”: quando, dunque, poco più di sessanta anni prima, l’evoluzione dell’antica torre isolata che dominava tutta la valle del Basento, in una grande casa fortificata e abitata era documentata nella sua interezza (probabilmente una crescita seicentesca, come documentano le tracce di pitture di carattere religioso nella torretta isolata destinata a cappella). D’altra parte non si capisce il senso dei parziali consolidamenti, già realizzati, di brandelli di facciata che appartengono sicuramente alla struttura aggiunta: quelle finestre vuote restituiscono una scenografia priva di contenuti storici e culturali, meglio sarebbe stato isolare il nucleo antico, anche il più resistente, privilegiandone l’integrità. In alternativa, l’ipotesi che il progetto descrive, è possibile senza esitazione ricostruire la grande casa, tornando a abitare quelle finestre con una funzione importante – la casa comunale e il museo cittadino -, adeguata anche all’impegno che il problema dell’accessibilità pone – risolto con una scala meccanizzata che parte dall’abitato. |
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