Ricostruzione di Villa Tramontano in via Caccavello a Napoli, 1982

 

   

con Giancarlo Buontempo e Antonio Lavaggi

Il lotto, come è già documentato dalla pianta del Duca di Noja (1775), è segnato dalla “strada che porta al Castello” e dall’arrivo del Petraio; all’interesse per la caratterizzazione del luogo si aggiunge l’interesse per un edificio il cui impianto, databile tra il Seicento e il Settecento, appare generalmente conservato - di contro è radicalmente mutato il sistema di relazione poiché l’edificio, già inglobato nella maglia ottocentesca, sul fronte posteriore si rileva completamente ostruito dalle recenti sostituzioni edilizie.
 Le richieste formulate (24 alloggi, botteghe, garage, etc.) rendono impraticabile l’ipotesi di un restauro conservativo. D’altra parte una ristrutturazione più articolata che individui solo quelle parti più notevoli da conservare, è un’altra ipotesi difficile da realizzare, poiché l’edificio ha una continuità e una compattezza che non consentono quell’operazione di disaggregazione e riaggregazione tipica di questi interventi. La sostituzione e la riprogettazione appare quindi l’unica ipotesi realistica rispetto alle nuove esigenze - ma il valore del luogo e la “memoria” ritornano come temi della riprogettazione. In questo senso si comprende meglio la scelta più caratterizzante del progetto, nettamente diviso tra una parte principale, dove sono ripresi i moduli dell’attuale facciata orientata sul Petraio, e una parte  secondaria, arretrata sul filo stradale e segnata dal ritmo del caseggiato popolare.  Villa Tramontano, ormai reperto avulso dalla nuova realtà urbana, si trasforma in un caseggiato di edilizia economica e popolare: ma nel segno del rispetto e della comprensione del passato (e in questo caso anche della nostalgia).
 Dietro la “facciata” (dove viene recuperato il portone esistente) anche la tipologia dell’edificio è riorganizzata sulla citazione dell’impianto storico attraverso la riproposizione della sequenza androne, cortile, scala. Coerentemente le due parti del progetto ricevono una diversa definizione: intonacate e tinteggiate le spaziature della facciata “principale”, appena segnata dalle fasce marcapiano, parte basamentale rivestita con pannelli che ripetono il modulo del bugnato, finestre raggruppate in modo da riproporre la sequenza dell’edificio antico (due piani più piano rialzato e soprelevazione); interruzione della cortina e arretramento dell’ala “nuova”, dopo l’angolo che disegna la strada, cortina in tufo a vista, balconcini aggettanti secondo il modulo tipico di una casa popolare del dopoguerra.